Linea Meteo :: La Guerra Sociale
Autore burjan Data Sab 27 Mag, 2006 17:26 Visite 3223
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Descrizione La guerra italiana

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3 - LA GUERRA

La Guerra Sociale 

LA GUERRA

L'episodio che scatenò la guerra sociale accadde ad Ascoli Piceno nel 91 a.C. Il pretore Caio Servilio, venuto a sapere che Ascoli scambiava ostaggi con le città circostanti, si recò sul luogo con un piccolo reparto. Riuniti gli abitanti in un teatro, infiammò gli ascolani con un discorso dai toni ostili e minacciosi. Il clima era già teso, il discorso fu la goccia che fece traboccare il vaso: la platea assalì Servilio uccidendolo assieme al suo legato, successivamente, tutti i cittadini romani che si trovavano in città furono massacrati.

La rivolta di Ascoli era il segnale che gli altri italici stavano aspettando. I rivoltosi potevano disporre di una forza di circa 100.000 uomini, erano addestrati, come si è già detto, equipaggiati con le stesse armi dei romani e forse maggiormente dediti alla causa per la quale combattevano rispetto ai nemici. I romani, per contro, mettevano sul piatto della bilancia lo stesso numero di uomini e potevano contare sull'appoggio delle proprie colonie, situate in posizioni strategiche su tutto il territorio italico. Umbri, Etruschi e Magna Grecia, per ora, restavano con Roma.

Infine, la lega dei rivoltosi organizzò uno stato parallelo, con proprie leggi, proprie istituzioni, propri consoli e propri senatori, perfino una propria moneta (nella quale un toro, simbolo dei sanniti, prendeva a cornate la lupa capitolina!). La capitale dello stato italico fu Corfinio, nella regione dei Peligni, in Abruzzo.

La guerra ebbe inizio nel 91 a.C., lo stesso anno della sollevazione di Ascoli. I primi anni furono contraddistinti, per i romani, da numerosi insuccessi.

Gli italici attaccarono dapprima le fortezze, dandosi all'azione di guerriglia, in un secondo momento cominciarono le battaglie campali vere e proprie.
Nel sud l'esercito romano era capitanato dal console Lucio Giulio Cesare (uno dei legati era Silla). Il tentativo di attaccare i sanniti portò ad una rovinosa sconfitta. I Romani persero l'importante citta di Venafro, sul confine sannitico, oltre ad arretrare in Campania, dove le città di Nola, Salerno, Pompei, Ercolano e Stabia passarono al nemico. Anche Isernia fu costretta alla resa dopo un assedio.
Al nord operavano per i romani il console Publio Rutilio Lupo, che aveva tra i suoi legati Caio Mario, ritornato dall'Oriente. Nel 90 a.C. i Marsi attaccarono l'esercito romano a sorpresa, presso il fiume Tolero, nel territorio degli Equi (interno del Lazio). Il console morì assieme a 8.000 soldati, solo Mario riuscì ad impedire la completa catastrofe continuando la resistenza sul quel fronte.

A quel punto, capendo che l’occasione non si sarebbe presentata mai più, Umbri ed Etruschi si unirono alla rivolta. Un legato romano, Plozio, si scontrò con gli Umbri a Otricoli, spiacevolmente vicino a Roma. Nulla sappiamo dagli storici romani sull’ esito dello scontro. Fatto sta che, subito dopo, alla fine del 90 a.C. il console Giulio Cesare (padre) decise di varare una legge che permetteva a quelle comunità che non erano ancora passate col nemico di acquisire la cittadinanza romana (lex Julia). Questa legge riuscì ad arrestare la rivolta in Umbria ed Etruria, dove le città ancora indecise ritornarono saldamente dalla parte di Roma.

Un' altra legge successiva diede la spallata decisiva. All'inizio del 89 a.C. I tribuni Marco Pluzio Silvano e Caio Papirio Carbone vararono una legge che permetteva di estendere la cittadinanza romana a tutte le comunità che entro due mesi avessero manifestato a un pretore il desiderio di usufruire di tale diritto. La legge seminò grande discordia tra i ribelli italici, incrinandone l'iniziale compattezza d'intenti.

C'è da aggiungere che i nuovi cittadini non furono uniti alle tradizionali 35 tribù latine, ma furono divise in altre 8 tribù aggiuntive, piuttosto poche in rapporto al numero di nuovi cittadini, che pur essendo superiori di numero ai romani, avevano così minor rappresentanza nelle assemblee... ma comunque i primi passi in questa direzione erano stati fatti, e le prime conseguenze politiche non tardarono a ripercuotersi sulla compattezza dei nemici.

Una volta pacificate Umbria ed Etruria, tra manovre politiche e battaglie minori, i romani sconfissero pesantemente i Marsi, che nel frattempo erano accorsi in aiuto degli Etruschi. Strabone e il suo esercito uccisero 15.000 avversari, spegnendo di fatto ogni velleità della tribù ribelle (89 a.C.).
Le operazioni si concentrarono quindi su Ascoli. La città venne assediata e vide la vittoria in battaglia dell'esercito romano, che però non potè subito entrare in città, occupata prontamente da Iudacilio, che ne era prontamente accorso in aiuto. L'assedio continuò ancora per qualche mese, finché i notabili della città decisero per la resa, con la disapprovazione di Iudacilio, che dopo averli condannati a morte, decise di suicidarsi col veleno. I Romani entrarono nella città, uccisero i notabili e deportarono la popolazione. Ascoli era caduta, e con lei Italica, che ritornò ad essere Corfinio (89 a.C.).

Tutto il fronte nord della ribellione crollò. Oltre ai Marsi e ai Piceni, si arresero anche i Vestini e i Peligni.

All'inizio del'88 a.C. la capitale dei rivoltosi si era spostata ad Isernia, i Sanniti capeggiavano la rivolta.

Dopo lunghe e complesse vicende, alla fine, nell’82 a.C. i Romani dovettero cedere: concessero l’amnistia generale a tutti i partecipanti alla rivolta, gli italici furono distribuiti equamente e proporzionalmente fra le varie tribù. C’è da dire, comunque, che per votare di quei tempi occorreva andare personalmente fino a Roma.. cosa che, fra gli abitanti delle povere contrade d’Appennino, ben pochi potevano permettersi.

La soluzione che Roma diede alla guerra sociale fu politica e non militare: le leges lulia, Calpurnia e la stessa Plautia¬Papiria sono frutto della mentalità giuridica romana, che supera l’elemento etnico, cioè la consanguineitas, ed estende il suo diritto di cittadinanza anche a popoli etnicamente differenziati, come si verifica nel caso degli Etruschi e dei Greci dell’Italia meridionale. I Romani con la civitas offrono l’integrazione in uno stato che supera i confini della urbs e prescinde dal carattere etnico, che costituisce, invece, il principio vitale della unità italica; il diritto di cittadinanza romana è estensibile solo come partecipazione al nomen Romanum e ad una unità basata sul mos, cioè sulla comunanza di ideologia, mentalità, costumi.
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